domenica 11 gennaio 2009

Ecco il partito fai da te di Bassolino senza il Pd

di Angelo Carotenuto.
Due documenti raccontano la steppa che da oggi Morando trova dinanzi a sé. Undici dicembre: otto assessori provinciali definiscono «strana e sbagliata» l´indicazione di Veltroni su primarie da tenere per individuare il futuro candidato presidente. Scrivono che «il Pd non può comportarsi in maniera autosufficiente». Solo che loro sono tutti del Pd. Otto gennaio: nove parlamentari democratici riconoscono a Nicolais, dimissionario dalla guida del partito provinciale, «l´impegno serio, coerente e lineare profuso nel tentativo di concorrere alla risoluzione positiva della complessa e prolungata crisi amministrativa al Comune di Napoli». È la solidarietà nello scontro col sindaco Iervolino.Due documenti in 28 giorni disegnano l´epilogo di 15 anni. In mezzo c´è il solco insanabile che separa il partito del governo dal partito del voto d´opinione, il Pd degli amministratori dal Pd del segretario, il «passo dopo passo» dal «si può fare», quello che chiamano "bassolinismo" da quello che chiamano "rinnovamento". È il solco sul quale da oggi cammina Morando, commissario a Napoli con alcuni obiettivi precisi e immediati: lanciare le primarie per la Provincia, scrivere le liste per le elezioni di giugno, poi preparare il Pd alle battaglie per Regione e Comune. Tocca a lui tracciare il percorso che Nicolais ha lasciato, incrociando le proprie scelte con quello che Il Sole 24 Ore ieri ha chiamato il "partito fai da te", cioè l´ala del governatore che resiste e che starebbe progettando di gettare in campo una candidatura autonoma per il Comune, sul modello seguito a Salerno dal rivale di sempre Enzo De Luca. Un´ala bella larga, che tiene dentro una fetta di Rifondazione, a sua volta alle prese con una scissione alle porte, e Silvio Berlusconi. Quattro milioni, 265 mila e 118. Sono le persone che hanno sostenuto Antonio Bassolino durante la sua scalata da commissario del Pds ai vertici delle istituzioni campane. Dai 300.964 voti napoletani del ï''93 per Palazzo San Giacomo, al milione 896 mila e 664 per il bis del 2005 a Santa Lucia. Quattro milioni di voti in 15 anni. Quindicimila milioni di euro oggi, quelli dei fondi Ue, che pure c´entrano qualcosa nel braccio di ferro in corso sul potere di domani. Il rinvio dell´uscita di scena del governatore, inizialmente vincolata alla conclusione dell´emergenza rifiuti, conduce lì: alla necessità di scrivere le linee guida di spesa 2007-2013.
Le ultime parole di Antonio Bassolino, alla vigilia dell´arrivo di Morando, descrivono proprio la «sfida impegnativa per lo sviluppo economico, per la differenziata, per la qualità dei servizi e per migliorare la vita quotidiana della città». La sfida di chi? Quella delle istituzioni, per le quali il governatore chiede «la giusta autonomia» dai partiti, Pd compreso, sollecitato a lavorare «per crescere e radicarsi». Gli amministratori e il partito. In mezzo il solco. Come del resto già si leggeva a dicembre nel documento degli 8 assessori provinciali, democratici sì, ma più propensi a spendersi per una candidatura-bis dell´uscente Di Palma (verde, ex assessore comunale con Bassolino, uno dei suoi fedelissimi), che per la proposta di primarie giunta da Veltroni.Una «giusta autonomia» che viene giudicata improvvisa e inedita da Paolo Donadio, ricercatore alla facoltà di Economia della Federico II, autore della monografia "Il partito globale, la nuova lingua del neolaburismo britannico" (Franco Angeli, 2005). Dov´era quest´esigenza, si chiede in sostanza Donadio, quando il consenso intorno a Bassolino era diverso? «L´amalgama», dice, «non poteva riuscire. L´attuale scontro tra centro e periferia, tra partito e amministrazioni locali, rappresenta il segno di un compromesso "genetico" di potere che non poteva dare frutti diversi. Nel Pd, a quanto pare, la definizione in termini identitari di cosa si muove all´esterno del palazzo è sistematicamente evitata. Il Pd si sta arrovellando su come ricollocare tatticamente il proprio apparato di potere - alleanze, accordi con la maggioranza, appartenenza a gruppi diversi - spacciando tale operazione per costruzione identitaria, piuttosto che sforzarsi di definire la società. La questione morale doveva essere elemento di strutturazione concreta del nuovo, invece si è rivelata un problema inatteso e scomodo. Eppure, a livello locale, la sfida del Pd potrebbe costituire la novità realmente politica: la parola territorio può declinare in nuova prassi, in approccio liberale».
La parola territorio, invece, pare sinonimo di Bassolino e dei suoi rapporti. Antonio Marciano, assistente particolare del governatore a Santa Lucia, ricostruisce: «Il canale di comunicazione si è interrotto quando è parso che l´unico assillo di Roma fosse la cancellazione di una stagione politica. Se il partito destabilizza le istituzioni, la separazione rischia di diventare dato di fatto. Mi chiedo: non c´è un punto di ripartenza che può mettere insieme tutti? Qual è la differenza tra me e Nicolais nella visione delle emergenze? Bassolino e Iervolino hanno la giusta ansia di dare anche per il futuro una guida di centrosinistra a città e regione. Credo che debba essere la stessa ansia del partito». Ma due giorni fa Oliviero Diliberto (Pdci) l´ha chiamato «un sistema pre-giolittiano di arroganza e prepotenza che distrugge i partiti, fatto di compravendita di consiglieri». Salvatore Piccolo, il deputato pd che ha coordinato il documento di solidarietà per Nicolais, era presidente dc in Provincia vent´anni fa. Dice: «La disarticolazione tra chi governa e il partito, non c´è mai stata in questi termini. Non è più una situazione ordinaria. Così cresce il distacco con l´opinione pubblica e le ripercussioni cascano sul partito». Corrado Gabriele, assessore di Rifondazione nella giunta regionale contro l´indicazione del suo segretario nazionale Ferrero, dà la sua versione: «La distanza esiste. Perché noi amministratori ci occupiamo del reddito di cittadinanza e di garantire il tempo pieno nelle scuole, nel bene e nel male, mentre i partiti discutono di come schierarsi. Il Pd parla di nomi e di rinnovamento, non discute di cosa fare. Esiste un mondo romano che si occupa del Sud quando spuntano i rifiuti e i contratti di Romeo, ma che si defila se c´è da mettere il Mezzogiorno al primo posto. Vale per Pd e Pdl. Io penso sia il momento di fare le cose, non di sapere dove si sta».È "l´Italia del fare" di Berlusconi, il premier che a Napoli urla il nome di Gianni Lettieri per candidarlo al Comune, consapevole di non poter spendere quelli dei suoi dirigenti locali. Oppure è la lista dei "cacicchi" teorizzata da Claudio Velardi, definitivamente più bassoliniano che dalemiano. Concetti che si sfiorano e forse si incrociano, dentro la steppa che da oggi si spalanca dinanzi a Morando.

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