venerdì 21 maggio 2010

Costruire Futuro

La politica è l’approdo obbligato degli interessi e delle idealità di una comunità, ne segna possibilità e limiti.

Se essa resta ferma, non rinnova la dirigenza e non modernizza le procedure, se non ha slanci ideali e manca di credibilità, serietà e progettualità, a pagarne le conseguenze è la convivenza civile nel suo insieme. (N.A.)

UN MONDO NUOVO

La più grande crisi economica finanziaria del dopo guerra è ancora in corso per vederne con lucidità tutte le implicazioni economiche, politiche e sociali.

Non c’è dubbio tuttavia che essa avrà anche profonde implicazioni sulle idee di economisti e scienziati sociali. Schiere di studiosi sono alacremente al lavoro per capire cosa non ha funzionato ed è evidente che oltre agli aspetti tecnici, la crisi induce a riflettere su questioni ancora più profonde, che toccano i principi fondamentali su cui si reggono le interazioni sociali e politiche nelle moderne economie di mercato. Una delle più importanti riguarda i rapporti tra etica ed economia.

Adam Smith, il fondatore del pensiero economico moderno, vedeva nell’empatia tra esseri umani, prima ancora che nella massimizzazione del benessere materiale, la principale motivazione delle azioni individuali. Più in generale, l’idea che il buon funzionamento di un’economia di mercato e di uno stato di diritto si regge anche su precisi presupposti morali è parte integrante di un’antica tradizione di pensiero liberale in economia. Il rispetto per i diritti di proprietà, il mantenimento della parola data e degli impegni presi, il rispetto delle aspettative e delle intenzioni tra le parti contraenti devono discendere anche da un comune sistema di valori, non solo dagli incentivi o dal timore di essere sanzionati dalla legge.

La tradizione cattolica, e in particolare la recente enciclica papale, Caritas in veritate, condivide alcuni presupposti della visione liberale, ma si spinge oltre. Essa parla di persona, più che di individui, e vi attribuisce un particolare contenuto di valori e di fini ultimi. Il bene comune è visto come principio guida dell’azione individuale anche in campo economico e non solo con riferimento alla politica. Una visione, questa, che potremo definire, pur consapevoli della forzatura in essa implicita, riformista.

La nostra convinzione è che da qui si debba partire per individuare l’orizzonte strategico, i valori costitutivi, le ragioni del nuovo partito che abbiamo fondato.

Questa è la condizione per dare respiro al nostro progetto, per parlare alle nuove generazioni e costruire davvero un grande partito che vada oltre le ragioni contingenti della sfida al Berlusconismo. Ed è anche la condizione per vincere questa sfida.

Siamo in un mondo nuovo.

Da questa consapevolezza deve muovere il suo non facile cammino il Partito Democratico.

Ciò che è risultato incerto in questi primi anni di vita è il fondamento del nuovo partito: l’insieme dei valori e dei principi che ne costituiscono l’identità condivisa. Ed è proprio questa incertezza che ha reso più difficile la convivenza all’interno del PD di diverse anime che hanno teso più ad irrigidire ciascuno la propria identità nel timore di una prevaricazione, che non a ricercare una sintesi capace di guardare avanti. Ma il progetto del PD resta essenzialmente per aprire una prospettiva nuova per l’Italia.

Un nuovo centrosinistra deve lasciarsi alle spalle la precarietà e la confusione dell’Unione, cosi come ogni pretesa di autosufficienza del PD.

Un nuovo centrosinistra deve essere capace di unire progressisti e moderati (come è stato scritto) perché la società italiana è più complessa e le linee di confronto sono più articolate e non si riducono alla frattura destra-sinistra.

VERSO IL FUTURO

In questi anni il PD per ragioni diverse e malgrado gli sforzi profusi non è riuscito a rinnovarsi al suo interno, promuovendo una nuova classe dirigente. Ma il PD ha un punto di forza: è l’erede di due tradizioni politiche e culturali che le altre compagini politiche oggi in campo non hanno. Questo nobile patrimonio, tuttavia, per la debolezza o per la diffidenza degli eredi, più che una risorsa è stato vissuto come una difficoltà. Ci si può liberare da questa ingombrante eredità, non ignorandola o rinnegandola, semmai rivisitandola criticamente e assumendola come punto di partenza.

Quello che si auspica per il PD, che continua a rappresentare l’unica vera alternativa all’attuale maggioranza al governo, è una rielaborazione culturale e politica da portare avanti senza ipocrisia, senza paure e chiusure ideologiche con originalità e chiarezza.

Presentiamo questa mozione perché crediamo nel Partito Democratico e amiamo Cava de’ Tirreni.

Riteniamo le condizioni determinate dalla recente sconfitta elettorale un’occasione unica per sostenere con forza questo progetto di cambiamento. Il partito è nato nel 2007 e per contingenze storiche, errori e difficoltà iniziali, non ha saputo radicarsi sul territorio. E certamente non ha aiutato una struttura interna e una composizione della classe dirigente caratterizzata da vecchie logiche di partito, inappropriata alle esigenze di partecipazione e all’evoluzione della società degli ultimi anni.

Gli anni alle nostre spalle sono stati, infatti, di straordinaria intensità. Abbiamo amministrato la città per quasi quattro anni e siamo certi che il giudizio della storia sarà più clemente e generoso di quello impietoso dato dai cittadini lo scorso 28 e 29 marzo. Tuttavia è da qui che dobbiamo partire. Dal chiederci, cioè, il perché due cittadini su tre non ci abbiano ritenuti meritevoli di una rinnovata fiducia. È evidente che la questione è complessa ed ogni osservazione potrebbe apparire parziale. Noi qui ci limitiamo all’aspetto che consideriamo più rilevante.

Quello che è stato respinto è un metodo di governo scarsamente partecipato, non equilibrato da una adeguata funzione dei partiti ed in particolare del nostro. Questo scollamento ha prodotto il grave errore politico delle dimissioni del Sindaco, che la città non ha compreso, con il ricorso anticipato alle urne.

Errore grave perché non siamo stati in grado di spiegare le motivazioni della scelta, perché non abbiamo compreso che esse avvenivano in un contesto politico sfavorevole nazionale, regionale e locale, ma soprattutto perché si è sovrastimato il consenso popolare all’Amministrazione. A ciò si aggiunga l’esasperazione dei nostri conflitti interni che non ci hanno consentito una lucida analisi del momento.

In questo quadro la nostra inefficienza ha fatto passare in secondo ordine le caratteristiche profondamente innovatrici dell’azione amministrativa e del suo programma, di cui crediamo che molto possa essere recuperato in futuro. Pensiamo in particolare, alle iniziative assunte sul sistema di raccolta differenziata, alla politiche per la sicurezza, al salto di qualità nel settore dello sport, della cultura e dello spettacolo, concepiti anche come strumenti per il sostegno al commercio ed al rilancio del turismo. Ma questo è il congresso del PD, non un’estensione temporale delle Elezioni amministrative.

In verità, la lezione che più di altre che abbiamo imparato, con dolorosa sofferenza, da questi anni è che è giusto concedere fiducia a tutti ma che questa fiducia non deve essere mai cieca ed indiscussa ma sempre critica e vigile anche verso chi è animato dalle migliori intenzioni.

Ed è per questo che i firmatari di questa mozione propongono come atteggiamento irrinunciabile il democratico esercizio del confronto, inteso come strumento diretto ad assumere decisioni che corrispondono ai reali bisogni della comunità.

Immaginiamo il PD come un luogo moderno, dove i cavesi possano ritrovarsi per progettare il loro futuro. Dove iscritti e simpatizzanti possano riscoprire il senso della militanza politica. Dove si possa sconfiggere la diffidenza e il pessimismo nei confronti della politica e di quella del PD in particolare, di quei cittadini che oggi guardano al partito come a una struttura staccata dalla vita quotidiana, un carrozzone da congresso, impegnato in arcani conteggi di tessere, nel passato troppo decisive, queste ultime, nella costruzione degli indirizzi politici.

Immaginiamo il PD come un luogo dove il futuro lo si discute e lo si costruisce insieme, tutti i giorni, rifuggendo dalla logica suicida del partito appiattito sulle posizioni amministrative. Pensiamo dunque ad un Partito che discute, nei luoghi deputati, e che esercita le sue funzioni di analisi e di stimolo verso il suo gruppo dirigente.

Il nuovo PD è sul territorio, è su internet, è nel circolo “25 aprile”.

È in rete, perché deve essere in grado di connettersi con la realtà circostante, ma si deve toccare ed ascoltare. Perché è un partito aperto e vero, che sa contaminarsi e cambiare, sa arricchirsi attraverso le esperienze di tutti coloro che vogliono rendere Cava un luogo più giusto e bello dove vivere.

È un partito i cui messaggi dovranno essere in grado di recuperare credibilità e visibilità anche in territori come le frazioni di Santa Lucia, Sant’Anna e Pregiato dove è chiaro, come dimostrano le ultime elezioni amministrative, che la nostra proposta politica ad oggi non è neanche presa in considerazione e non siamo ritenuti, dunque, interlocutori credibili per il governo del territorio.

È un partito che deve comunicare bene e spesso. Dove tutti gli iscritti ricevono i resoconti di Direttivi e Assemblee e si aggiornano sulla situazione politica generale e locale attraverso pubblicazioni periodiche (newsletter).

L’uso delle nuove tecnologie può aiutare a ridurre le distanze con le numerose e popolose frazioni metelliane, ma decisiva per il nostro futuro sarà l’attenzione che sapremo dare alle istanze degli stakeholders, discutendone nel Partito in costante coordinamento con le sue rappresentanze istituzionali ai vari livelli.

Noi immaginiamo il PD moderno, efficiente, ma soprattutto utile ai cavesi.

Il nuovo gruppo dirigente del PD deve essere un esempio di sobrietà, trasparenza di comportamenti e senso delle istituzioni. Il rispetto sostanziale delle regole non basta e non deve più bastare. Negli atteggiamenti pubblici e in quelli privati. Quanto più saremo capaci di elevare queste caratteristiche a nostri valori guida, tanto più sarà facile tutelare l’immagine del PD e dargli credibilità.

Il partito deve uscire dall’autoreferenzialità di parte del gruppo dirigente di questi ultimi anni e valorizzare finalmente le qualità professionali, politiche e umane spesso mortificate sull’altare della piccola convenienza correntizia.

Un profondo rinnovamento deve passare attraverso l’individuazione di un nuovo gruppo dirigente, giovane non soltanto dal punto di vista anagrafico, ma soprattutto nelle idee. Capace di interpretare le nuove esigenze di una società in continua evoluzione. Eterogeneo per estrazione sociale, culturale e professionale e in grado di inserirsi dinamicamente nei ceti sociali, economici e produttivi, nel mondo della cultura, dell’associazionismo e del volontariato, e in tutti quei luoghi d’incontro dove, oltre a praticare i propri interessi e passioni, le persone parlano del futuro, della propria città e dell’Italia. Deve essere in grado di tornare in questi luoghi con una rinnovata capacità di ascolto e senza quell’arroganza e quell’ipocrita pretesa di superiorità intellettuale e morale che si porta addosso da troppo tempo.

Ogni simpatizzante o iscritto del PD deve essere coinvolto e messo al corrente di tutte le decisioni, cosicché nessuno venga più a conoscenza di scelte politiche da fonti esterne.

Nuovo PD, nuovi metodi

Un cambio di direzione così deciso può realizzarsi solo con un cambiamento radicale dei metodi. I componenti del direttivo non devono essere trenta fantasmi che, all’occorrenza, compaiono per votare su precisa indicazione del referente politico di turno, ma membri attivi e partecipi della vita del partito, coinvolti nelle decisioni e in grado di coinvolgere altri cittadini. Massima condivisione ma anche profondo rispetto degli organismi del partito e delle loro responsabilità.

Vogliamo un gruppo dirigente in grado di darsi degli obiettivi e di perseguirli con tempi certi passando attraverso delle verifiche periodiche sia in direttivo che nelle assemblee degli iscritti.

Immaginiamo un tesseramento nel quale, eccetto rare e motivate eccezioni, un iscritto possa ritirare solo la sua tessera e quella dei suoi familiari conviventi.

Crediamo sia meglio avere cinquecento iscritti reali, piuttosto che 1400 di cui non si conoscono i volti.

Un PD che torna a parlare di temi importanti con realismo.

In primo luogo lavoro, precariato e sanità sono gli argomenti che il PD deve affrontare in maniera seria, considerando la delicata situazione in cui si trova oggi la nostra città, favorendo il coinvolgimento delle competenze e delle professionalità presenti nel partito e non solo.

Non sono da tralasciare altre tematiche fondamentali quali istruzione e ricerca scientifica, mezzogiorno e federalismo, welfare, ambiente, legalità, diritti civili, acqua pubblica, buon funzionamento della pubblica amministrazione, difficoltà delle piccole e medie imprese e dell’artigianato. Tra tutti i temi quello della lotta all’abusivismo rappresenta un aspetto importante per l’entità del fenomeno sul nostro territorio, anche se, come abbiamo spiegato poco fa, non riteniamo che questo sia stato determinante nella recente sconfitta elettorale. La lotta all’illegalità ed il rispetto delle regole sono punti fermi della nostra azione politica. Tuttavia è necessario avere nei confronti di questo problema un approccio diverso che parta dalla comprensione delle reali cause del fenomeno, con la capacità di distinguere i diversi casi, ed evitare furori ideologici sbagliati e controproducenti.

Giovani Democratici per un PD più forte

Immaginiamo un partito in grado di attrarre quei giovani che hanno perso interesse verso la politica e i partiti o semplicemente lo indirizzano verso altre realtà. Il PD si è dotato delle strumento delle primarie che consente anche ai sedicenni di partecipare, eppure nel “nostro” PD non ci sono minorenni, né diciottenni. Il motivo è che il partito, così strutturato, non ha la capacità di capire mentalità ed esigenze dei giovani, non ne condivide i punti di vista e troppo spesso guarda a questo mondo con atteggiamento di sufficienza. Va fatto uno sforzo per coinvolgere ragazzi di quest’età che sono serbatoio di idee ed energie per il futuro. Uno degli obiettivi è quello di creare le condizioni per aprire anche a Cava un circolo dei GD per iniziare a formare i dirigenti del domani e tornare nei luoghi frequentati dalle nuove generazioni sostenendo iniziative e battaglie con e per i giovani cittadini cavesi.

Immaginiamo un PD che ricostruisca i rapporti con le altre forze di centrosinistra

Per tornare ad offrire una reale possibilità di alternativa di governo del territorio il PD non può prescindere dal rafforzamento delle sinergie già esistenti ma ancor di più recuperare il rapporto con le forze politiche di centrosinistra, nel pieno rispetto delle autonomie e peculiarità di ognuno.

Un centrosinistra unito con un progetto credibile, presentato da persone credibili e radicate sul territorio possono fronteggiare il centrodestra Cavese, uscito ulteriormente rafforzato dalle ultime elezioni amministrative.

Ci candidiamo da Democratici ed in contrasto con le derive correntizie

Ci candidiamo perché Cava non resti indietro.

Perché tutti i ragazzi ed i cittadini cavesi vedano nel PD uno strumento per restituire alla politica l’emozione e la dignità.

Oggi abbiamo il dovere di far nascere davvero il PD, a Cava, come a livello nazionale. È un dovere politico e morale, tanto più stringente quanto più si fa intensa l’azione di un governo nazionale ormai completamente schiacciato sulle farneticanti ragioni della Lega e stretto nella morsa di una crisi sistemica di proporzioni storiche alla quale non sa dare risposte adeguate. Un governo schizofrenico, che mentre annuncia evanescenti “piani per il Mezzogiorno”, sottrae i miliardi dei fondi FAS e impoverisce l’offerta di istruzione soprattutto al Sud.

Di fronte a questa offensiva dobbiamo essere forti e uniti.

Per questo la nostra è una mozione a vocazione unitaria

Non chiusa, non limitata al gruppo circoscritto di persone che l’ha elaborata.

Non vogliamo guerre fratricide.

Non vogliamo più gruppi chiusi e diversamente da altri, non vogliamo che questa mozione diventi una corrente strutturata e organizzata del partito. Riterremo una scelta del genere politicamente miope e incomprensibile all’esterno.

Qui tutti sono benvenuti, da qualsiasi orientamento interno al partito provengano o andranno, e tutti concorreranno alle scelte del partito dei prossimi anni.

Come recita un detto pacifista dei tempi della guerra fredda, “la logica dei blocchi blocca la logica”. Bene, non è questo il momento di bloccarci, non è questo il momento di dividerci. Possiamo e dobbiamo ancora lavorare insieme, per il congresso e per Cava.

Come succede in un partito vero, di quelli che cambiano la Storia.

I proponenti:

Mariano Agrusta, Giuseppe Aliotti, Gerardo Amato, Marco Ascoli, Marisa Avagliano, Enrico Bastolla, Giuseppe Bisogno, Giuseppina Bisogno, Paolo Chiorazzo, Gruppo Consiliare “Democratici per Cava”, Antonio Di Pizzo, Franco Di Salvio, Niccolò Farina, Giuseppe Fiorillo, Giuliano Galdo, Massimo Laudato, Achille Mughini, Myriam Mughini, Rolando Mughini, Nicola Nobile, Roberto Pierri, Salvatore Pollice, Luigi Salsano, Nicola Santoriello, Adolfo Senatore, Bianca Senatore, Maria Rosaria Senatore, Mario Senatore, Valentina Senese.

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